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È importante ricordare sempre il rispetto della natura in tutte le sue forme. Questo lavoro punta a ribadire che l'obiettivo piú importante di questo secolo è la tutela dell'ambiente in cui viviamo.
Attraverso la lettura di libri di climatologi ed economisti si propone una sintesi di cosa si puó fare concretamente e come l'economia può interagire con la natura.

Situazione attuale

Da anni ormai tutti i mass-media parlano del riscaldamento globale, dei suoi effetti sul cambiamento del clima e sulle calamità naturali sempre più frequenti; presentano immagini di città nascoste da cappe di smog, da Torino a Pechino; altre volte descrivono lo scioglimento dei ghiacciai delle nostre Alpi e dell'Artico; oppure danno l'allarme siccità nelle nostre campagne o in California. Insomma sono tutti problemi che non interessano solo una regione, ma l'intero pianeta. Sono allarmi lanciati soprattutto dal gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nato nel 1988 dopo la prima conferenza sul clima tenutasi nel 1979. In particolare proprio nel V rapporto viene affermato che il riscaldamento globale è inequivocabile e che l’uomo è responsabile per il 95% per le emissioni dei gas serra e per i cambi d’uso del suolo e le deforestazioni. Questo provoca proprio ciò che sta accadendo e che Mercalli spiega bene nei suoi libri “Prepariamoci” e “Clima bene comune” e nella trasmissione Scala Mercalli. Per prima cosa lo scioglimento delle masse glaciali nelle regioni polari. Come si vede nel film-documentario Chasing Ice frutto della bravura di un fotografo del National Geographic che catturò immagini sensazionali all'Artico.

Clima bene Comune

O come Mercalli nel suo libro “Clima bene comune”, parlando del ritiro dei ghiacciai, scrive che senza andare lontano è impressionante notare a quale ritmo si stiano ritirando i ghiacciai alpini. Infatti nel 1991 il ghiacciaio di Similaun ci restituiva la mummia di Ótzi, un reperto risalente a un’epoca compresa tra il 3300 e il 3200 a.C. questa è la prova che i ghiacciai alpini in circa 5000 anni non si sono ridotti così tanto come in quest'ultimo secolo. Altra conseguenza del riscaldamento globale è l'innalzamento delle acque dei mari. Nell'Oceano Pacifico, nell'arcipelago delle isole Carteret nel 2003, con grandi difficoltà, è cominciato il trasferimento di alcune migliaia di abitanti proprio per l'innalzamento delle acque e per la salinizzazione che ha impoverito il terreno per le coltivazioni. Una popolazione che è tra le prime a subire le cause del cambiamento climatico, ma è anche una che ne è minimamente responsabile perché, come spiega ancora Mercalli, non ha prodotto emissioni climalteranti. A questo proposito è molto significativa la nuova emergenza che i quotidiani riportano, emergenza ripresa anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Infatti pare che i cambiamenti climatici siano destinati a favorire l’aumento delle migrazioni delle popolazioni nei prossimi 50 anni che porterebbero tra i 250 000 e il milione di profughi ambientali. Altro allarme attuale è quello delle biodiversità in pericolo come quello della barriera corallina che, sempre a causa dei cambiamenti climatici, è stata colpita per il 93% dallo sbiancamento dei coralli. Una visione globale è fornita dall'impronta ecologica che è un indicatore utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali e misura quanta superficie in termini di acqua e terra la popolazione umana necessita per produrre, con la tecnologia disponibile, le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti prodotti. Oggi l'umanità utilizza l’equivalente di 1,3 pianeti ogni anno, ciò significa che oggi la Terra ha bisogno di 1 anno e 4 mesi per rigenerare quello che usiamo in 1 anno. Scenari ottimistici delle Nazioni Unite suggeriscono che se il presente trend della popolazione e del consumo continuasse, entro il 2050 avremo bisogno dell’equivalente di 2 pianeti per il nostro sostentamento. Proprio nel giorno dedicato alla Terra “Earth day” un quotidiano ha riportato queste notizie: in Messico a Coatzacoalcos un’esplosione in un petrolchimico della Pemex sprigiona una nube tossica; in India ci sono stati 100 morti per il gran caldo; ogni anno lo spreco alimentare vale 143 miliardi nei paesi UE; l’inquinamento è responsabile di 84 400 morti premature all’anno. In Italia l'ultima generazione è responsabile della perdita di oltre il 28% della terra coltivabile a causa della cementificazione e dell'abbandono. Basterebbe leggere con attenzione un solo quotidiano, un solo giorno per farci capire quello che scienziati, climatologi e ricercatori ci dicono da molto tempo, cioè che dobbiamo cambiare le nostre abitudini e che dobbiamo effettuare un trasferimento massiccio dai combustibili fossili, che sono quelli che contribuiscono maggiormente alle emissioni di C02 alle energie rinnovabili in particolare all'eolico e al solare. Lo dicono i rapporti IPCC e lo ha ribadito il fondatore del Word Watch Institute (il più autorevole centro di ricerca) venuto a Roma per ricordare Aurelio Peccei (nato a Torino, manager Fiat ed economista che già negli anni Sessanta si era posto la domanda sui limiti della Terra). Lo dicono tutti, ma noi cosa facciamo? Cosa c’è in noi che non va? Si chiede Naomi Klein nel suo libro “Una rivoluzione ci salverà”, libro in cui riflette sulle crisi ambientali e sulla nostra economia che ha contribuito al disastro ambientale “Che cosa ci trattiene dallo spegnere l’incendio che minaccia di ridurre in cenere la nostra casa collettiva?”.

Prepariamoci

Anche il Papa nell'enciclica “Laudato si’” chiama la Terra casa comune e afferma che i cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche e politiche e che sono una delle principali sfide per l’umanità. Ci vuole un nuovo paradigma, una rivoluzione dei modi di pensare perché come diceva Albert Einstein e come ricorda anche Mercalli nel suo libro “Prepariamoci”: “Non si può pensare di risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che l’ha generato”.

Cause

Per non incorrere negli stessi errori che hanno provocato questa situazione bisogna comprendere bene le cause. Esse sono ben specificate nel rapporto del World Watch Institute su ambiente, società e consumi mondiali del 2004. In esso si dichiara che l’uomo conduce stili di vita incompatibili con gli equilibri del Pianeta, che la distruzione ambientale (da quando si è imposta la logica dello sviluppo globale) non ha precedenti e che regna la più totale disuguaglianza tra gli uomini. Nel già citato rapporto IPCC stilato da un gruppo di scienziati selezionati dall'ONU si dichiara che il riscaldamento globale è inequivocabile e che gli effetti che esso opera a livello globale continueranno ad operare per secoli.

Le querre dell'acqua

Il riscaldamento globale, come spiega il rapporto stesso e come dicono tutti i climatologi, è prodotto principalmente dalle emissioni di C02 e l’impatto del cambiamento climatico, come fa notare giustamente Vandana Shiva nel suo libro “Le guerre dell’acqua”, è sempre mediato dall’acqua: inondazioni, cicloni, ondate di calore, siccità; la furia dell’acqua può essere domata solo se la presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera è contenuta. Anche lei spiega che saranno le popolazioni più povere ad essere più colpite dal cambiamento climatico, dalla siccità, dallo scioglimento dei ghiacciai e dall'innalzamento dei livelli del mare e conclude: “Che l'acqua sostenga o minacci la vita dipende dalla capacità dei movimenti per la protezione del clima di porre fine all'inquinamento atmosferico e indurre i Paesi e le aziende recalcitranti a operare entro i limiti della responsabilità ecologica.” Uno tra i tanti casi che mostra invece il prevalere degli interessi economici sull’ambiente è quello dell’Indonesia. Il World Resources Institute (WRI) pone questo Paese al 4° posto nella lista degli emettitori a livello globale di C02 a causa degli incendi appiccati volontariamente nella foresta pluviale. Si stima che lo smog possa arrivare a colpire 110.000 persone all’anno provocando malattie respiratorie. L’UNEP United Nation Environment Programme denuncia che le piantagioni di palma da olio sono oggi la principale causa di distruzione della foresta pluviale in Malesia e Indonesia. In queste aree, come in molte altre, le multinazionali non si fanno scrupoli ad utilizzare ogni metodo di repressione delle proteste per perseguire i propri interessi.

Come si è giunti

Per comprendere come siamo giunti a questa situazione forse è necessario analizzare gli avvenimenti più significativi della storia e dell’economia che hanno portato alla formazione di questa nostra attuale società. Nella seconda metà del Settecento a partire dall’Inghilterra prese avvio la Rivoluzione Industriale grazie all’introduzione di nuove macchine e all’utilizzo di nuove forme di energia, il carbon fossile. In particolare si ricorda che Watt brevettò la macchina a vapore che fu poi utilizzata per trasporti e industrie. Negli stessi anni Adam Smith, considerato il fondatore della scuola economica classica e padre dell’economia politica, scrisse “La ricchezza delle nazioni” concentrandosi sullo sviluppo del sistema capitalistico, sul valore e distribuzione del prodotto. Si ebbe così il passaggio al sistema economico che si può definire capitalismo e ad un’economia di mercato. La rivoluzione industriale oltre agli effetti economici e commerciali produsse effetti sociali come: l’urbanizzazione, l’incremento del lavoro femminile e minorile e disuguaglianze sulle classi sociali. Per l'approvvigionamento delle materie prime e per trovare nuovi sbocchi per il commercio dei prodotti, l'Inghilterra intraprese l’espansione coloniale. Esattamente cento anni dopo nella seconda metà dell’Ottocento segnata dall’utilizzo dell’elettricità (Edison) e del petrolio, dall’invenzione del motore a scoppio e dallo sviluppo della produzione dell’acciaio e dell’industria chimica si ebbe una seconda rivoluzione industriale. Questa seconda rivoluzione portò ad un aumento di Paesi industrializzati e quindi una maggior concorrenza nel mercato internazionale e la fine dell’egemonia della Gran Bretagna che infatti dopo il 1900 fu superata dagli Stati Uniti e dalla Germania. Alla fine della 1° guerra mondiale nel 1919 fu costituita la Società delle Nazioni per rendere possibile la cooperazione fra le Nazioni e mantenere la pace. Ma essa aveva poteri limitati infatti non riuscì a impedire la 2° guerra mondiale. Alla fine di questa nel 1945 essa fu sostituita dall’ONU sotto l’influenza degli Stati Uniti che prima invece erano assenti (l’Italia vi entrò nel 1955). Dopo la seconda guerra mondiale si rese necessaria anche una nuova regolamentazione monetaria e i principali paesi industrializzati parteciparono nel luglio del 1944 alla conferenza di Bretton Woods negli Stati Uniti dove venne adottato un sistema di cambi per cui tutti i Paesi potevano convertire la loro valuta in dollari e il dollaro restava l’unica moneta convertibile in oro. Nel 1947 i paesi industrializzati istituirono il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) organismo per liberalizzare il commercio internazionale che fu trasformato in WTO con poteri sanzionatori nel 1995. Intanto nel 1971 Nixon decretò la fine del sistema del Bretton Woods e la fine della convertibilità del dollaro in oro. Questo aprì ad una fase di incertezza nelle relazioni commerciali, il provvedimento fece crescere il volume degli investimenti fuori nazione. Nel 1973 scoppiò la crisi petrolifera. I paesi produttori: Arabia Saudita, Iraq, Iran, Kuwait e Venezuela aumentarono il prezzo del greggio e l’occidente vide un periodo di stagflazione. Dopo il 1973 per la crisi petrolifera ci fu la tendenza a ricorrere a nuove fonti di energia tra cui il nucleare. Però dopo il disastro di Cernobyl del 1986, in molti paesi tra cui l’Italia si tennero referendum contro lo sfruttamento dell’energia nucleare e si cominciò ad investire nella ricerca di energia pulita. Allo shock petrolifero seguì una rivoluzione tecnologica che si può definire la terza rivoluzione industriale che a partire dagli anni Settanta portò ad un nuovo sistema di fabbriche detto postfordista perché con l’automatizzazione si crearono nuove forme di lavorazione, ci fu diminuzione di forza lavoro e allo stesso tempo un allargamento delle basi dell’azienda su scala mondiale. Per esempio la Fiat trasferì all’estero interi segmenti di lavorazione e vennero create nuove forme di lavoro. Alla fine degli anni Sessanta l’economia fu dunque segnata da una nuova dimensione internazionale del lavoro. Negli ultimi decenni del Novecento con le nuove tecnologie nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni (e soprattutto la rete Internet) si diffuse l’idea che il mondo era diventato un villaggio globale. La globalizzazione, pur portando alla libera circolazione di persone, informazioni, merci e capitali, comporta: la mondializzazione dell’economia, un mercato globale in cui la ricchezza è concentrata nelle mani delle multinazionali, un aumento della differenza tra paesi ricchi e paesi poveri. Questi rischi erano già stati sottolineati da Boutros Ghali (segretario generale dell’ONU) a Roma nel 1996. Per quanto riguarda l’Europa già nel 1941 si era fatta strada l’idea di una federazione di stati europei. Nel 1957 sei Paesi: Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia, Belgio, Francia e Germania Federale (che avevano già dato vita nel 1951 alla comunità europea del carbone e dell’acciaio CECA) sottoscrivono a Roma un trattato per la libera circolazione di merci persone e capitali la CEE ed anche l’EURATOM. A questo trattato aderirono poi altri Paesi e con il trattato di Maastricht nel 1992 hanno creato una nuova entità politica ed economica europea che si è consolidata con l’adozione della moneta unica.

Limiti e pericoli già denunciati

Come citato da Mercalli e da Latouche, uno dei primi a porsi la domanda se la crescita economica fosse compatibile con le risorse disponibili nell’ambiente è stato Aurelio Peccei. Per rispondere a questa domanda egli fondò il Club di Roma (formato da intellettuali, politici, scienziati e ricercatori) che nel 1972 pubblicò un rapporto sui limiti dello sviluppo dove si affermava che i limiti delle risorse naturali avrebbero costretto la crescita a fermarsi nel corso del XXI secolo. Uno dei veterani di quella edizione ora dice che allora c’era la possibilità di scegliere uno sviluppo sostenibile, adesso questa possibilità non c’è più perché l’uomo da allora ha optato per il superamento dei limiti. Prima ancora Italo Calvino, quasi in modo profetico, aveva parlato dei problemi inerenti alle città industriali: smog, rifiuti, sprechi e speculazione edilizia. Nella “Nuvola di smog” (1958) uno dei suoi personaggi il signor Corda era presidente di un ente (PAUCI Ente Pulizia Atmosfera Urbana Città Industriali), mentre invece in Italia il ministero per l’ambiente è stato costituito nel 1986.I personaggi dei racconti di Calvino sembrano essere proprio personaggi attuali che non riescono a mettere al primo posto la questione ambientale perché forse presi da altri interessi, per tornare all’esempio del signor Corda che era anche delegato in alcune industrie. Come dice Mercalli delle questioni ambientali se ne parla solo quando c’è un’emergenza e poi tornano in coda. Ne “Le Città invisibili” di Italo Calvino un esempio di consumismo e spreco è la città di Leonia che ogni mattina si risveglia nuova producendo cumuli di rifiuti ancora riutilizzabili, riflettendo la nostra civiltà. Nel racconto “La speculazione edilizia” l’autore individua una delle cause dei problemi ambientali: il cambio d’uso del suolo. Contro la globalizzazione ci sono e ci sono state molte proteste. Una delle prime fu nel 1999 durante un vertice WTO a Seattle, di un movimento no global per la difesa delle diversità produttive. Questi movimenti si adoperano in difesa della comunità locali.

Cosa si è fatto e cosa si sta facendo

Nel 1972 si tenne un importante vertice a Stoccolma a cui parteciparono delegati di 113 nazioni. In esso furono affermati alcuni principi fondamentali: il principio di libertà e uguaglianza di tutti ad adeguate condizioni di vita e che le risorse devono essere protette e razionalizzate per il beneficio delle generazioni future. Da questo vertice nacque anche l’UNEP (il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite). La prima conferenza mondiale sul clima nel 1979 a Ginevra segnò il sodalizio tra scienza e politica che portò poi alla creazione dell’IPCC. Nel 1987 si fa strada il concetto di sviluppo sostenibile grazie al rapporto della Commissione Brundtland conosciuto come “Our common future” (il rapporto prese il nome dalla coordinatrice che presiedeva la commissione) che segna il rapporto biunivoco tra economia e ambiente, in cui si sostiene la necessità di conservare le risorse naturali senza compromettere le necessità delle generazioni future. A Rio nel 1992 si tenne il primo vero incontro mondiale dei Capi di stato e al summit partecipano anche organizzazioni non governative e vennero firmati importanti accordi tra cui l’Agenda 21. In questa occasione ogni Capo di stato presentò un rapporto sullo stato dell’ambiente e dello sviluppo del proprio Paese. Negli anni successivi il concetto di sviluppo sostenibile si diffuse nel mondo. Nel 2012 il nuovo summit detto Rio+20 non ebbe lo stesso successo, il direttore del WWF a questo proposito dichiarò che i leader del pianeta riuniti avevano perso di vista l’urgente motivazione di costruire un futuro sostenibile. Questa conferenza ha avuto però il merito di portare alla ribalta la green economy cioè quell’attività economica capace di ottenere i rendimenti migliori nel rispetto del clima, dell’ambiente e delle uguaglianze sociali. Nel 1997 era stato stilato il protocollo di Kyoto che prevedeva la riduzione dell’emissione dei gas serra del 5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo 2008-2012, nessuna riduzione era prevista per i paesi in via di sviluppo. L’America però rigettò l’accordo che entrò in vigore senza la loro adesione solamente nel 2005. Nella conferenza di Rio del 1992 era stata definita una convenzione quadro sui cambiamenti climatici che prevede Conferenze annuali delle parti COP (Conferences of the parties to the convention) che si tengono appunto ogni anno. I Governi si sono riuniti per più di 20 anni, ma le emissioni non sono diminuite e il clima continua a cambiare. A questo proposito vengono in mente le dichiarazioni del premier Renzi e di Alexis Tsipras. Il primo, dopo il mancato raggiungimento del quorum del referendum sulle trivelle dell'aprile 2016 aveva affermato: “ha vinto il lavoro”. Il secondo, come viene riportato nel libro di Naomi Klein “Una rivoluzione ci salverà” ha ammesso: “Dopo questi anni di depressione abbiamo dimenticato il cambiamento climatico”. Data la gravità della situazione però non è tollerabile la contrapposizione di cose così importanti come: salute, ambiente e lavoro; come si dirà in seguito le alternative e i progetti ci sono, basta voler perseguire tali strade. In Italia si è cominciato a parlare di ambiente solo alla fine degli anni Sessanta. L’articolo 9 della Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, anche in altri articoli si parla dell’iniziativa economica dello sfruttamento del suolo. Non viene però citata la parola ambiente, per quanto riguarda l’apposito ministero è stato istituito, come già detto, nel 1986; fino ad allora si occupavano dell’ambiente altri ministeri: sanità, agricoltura e industria. La legge 349 1986 fissa i requisiti delle associazioni ambientali e riconosce loro la possibilità di denunciare all’autorità giudiziaria ogni fatto che può danneggiare l’integrità ambientale. Solo nel 1989 si cominciò a tutelare l’atmosfera, ma in modo non ancora adeguato; la normativa è diventata più efficace con un decreto legislativo nel 1997. Solo con la riforma del 2011 all’articolo 117 si legge che: “Lo Stato ha legislazione esclusiva in tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.” La maggioranza delle norme vigenti è stata emanata per attuare direttive dell’UE che si è mostrata più attenta a questi gravi problemi.

Progetti e proposte

Come dicono i vari rapporti sul clima: dobbiamo cambiare le nostre abitudini e passare alle fonti rinnovabili. A questo proposito si segnalano alcuni progetti.

  • Il progetto desertec che dovrebbe portare l’energia solare raccolta nel deserto fino all’Europa.
  • Un altro progetto, italiano, in avanzata fase di sviluppo è il Kitegen in grado di catturare l’energia del vento a centinaia di metri sopra la superficie terrestre.
  • Sempre per quanto riguarda l’eolico è da citare l’intera isola di Samso situata sul Kattegat dipendente dalla Danimarca. Altre isole ecologiche sono l’isola di King in Australia e l’isola di Utsire in Norvegia. La più grande città ecologica è quella di Friburgo in Svizzera.
  • Negli Emirati Arabi si sta realizzando una città che ha lo scopo di auto alimentarsi con energia rinnovabile e rendere la produzione di rifiuti quasi uguale a zero. Si tratta di Masdar City nei pressi di Abu Dhabi.
  • In Italia è già operativo il progetto Archimede che sfruttando degli appositi specchi convoglia la luce solare per produrre energia elettrica.
Per raggiungere l’obiettivo di unire l’ambiente e l’economia le proposte ci vengono fornite da climatologi ed economisti.

Le 8 R di Latouche

La scommessa della decrescita

Per passare da una crescita non più sostenibile a una decrescita serena è necessaria una rivoluzione che riguardi i nostri stili di vita e soprattutto i valori su cui fondiamo la nostra esistenza. Rivalutare e Riconcettualizzare. Infatti oggi nella società sono diventati importanti il progresso, lo sviluppo, la tecnologia, le merci, il produttivismo e l'indifferenza. Invece ci sono altri valori che dovrebbero prendere il sopravvento: l'altruismo sull'egoismo, la cooperazione sulla competizione, il piacere del giusto divertimento sull'ossessione del lavoro, l'importanza della vita sociale sul consumo smodato, il locale sul globale, il gusto per il bello sull'efficienza produttivista, il relazionale sul materiale. E’ dunque necessaria una rivoluzione culturale: è necessario abbandonare l'idea secondo cui l'unica finalità della vita è produrre di più e consumare di più. Questo non porta a un benessere maggiore, ma lo stesso benessere può essere raggiunto anche con altri modi. Ristrutturare: significa adattare il sistema di produzione ed anche i rapporti sociali in funzione di un cambiamento. Latouche pone come esempio un'industria automobilistica che potrebbe diventare una fabbrica che produce apparecchiature elettroniche per la microgenerazione di energia poiché competenze, tecnologie e il lavoro necessario sarebbero praticamente identici. Ridistribuire: ripartire tra Nord e Sud e all'interno di ogni società le ricchezze e il patrimonio della natura; ridistribuire le terre: togliere terra all'agricoltura intensiva, alla speculazione fondiaria, all'asfalto, al cemento, alla desertificazione per darla all'agricoltura contadina biologica e rispettosa degli ecosistemi. Ridistribuire il lavoro passando da un'economia di depredazione a un’economia ecosostenibile (lavoro verde). Ridistribuire i redditi tra le generazioni, introdurre il reddito minimo di cittadinanza e introdurre il reddito massimo consentito. Può esistere democrazia senza un minimo di uguaglianza delle condizioni economiche? (Si chiede Latouche). Rilocalizzare. Deve avvenire anche sul piano politico: ogni attività che può essere realizzata su scala locale dovrebbe essere realizzata appunto localmente per soddisfare i bisogni di una comunità. Per integrare le proprie risorse si potrebbero unire in un sistema federativo comunità aventi gli stessi principi. Un esempio è la Rete nuovo municipio: un’associazione senza fini di lucro formata da amministratori locali, da esponenti di associazioni e ricercatori con lo scopo di promuove un progetto politico che valorizzi le risorse e le differenze locali, non microcosmo, ma una rete di relazioni trasversali per la difesa e la valorizzazione di beni comuni. Ridurre. Per ridurre l'impronta ecologica è necessario ridimensionare il nostro stile di vita basandosi sulla sobrietà che può essere riassunta anche con le altre parole: riutilizzare, riparare e riciclare. Ridurre propriamente vuol dire ridurre rifiuti e sprechi, ma anche ridurre il tempo di lavoro per ottenere una più equa suddivisione tra tutti ed avere anche più tempo libero per le necessità di ciascuno. Riciclare e Riutilizzare. Il rispetto per la biosfera e per gli altri deve indurci anche a modificare il nostro atteggiamento verso le cose. Il consumismo ci ha abituati a disfarci di prodotti anche quando sono ancora utilizzabili. Invece dovremmo abbracciare la cultura del riutilizzo e poi quella del riciclo. Cita come esempio la Francia dove la raccolta di carta e cartone permette di evitare l'abbattimento di 10 000 alberi l'anno. È certo che c'è molto lavoro da fare perchè come dice lo stesso Latouche, siamo “tossicodipendenti” della crescita, ma questo è una ragione in più per affrontare seriamente la scommessa della decrescita.

I piani di Mercalli

Mercalli riportando le parole di Dennis Meadows, uno dei veterani che aveva scritto i limiti dello sviluppo con Peccei, spiega che: “Alla fine faremo qualcosa per evitare il collasso globale, ma in modo tardivo, quando molte scelte politiche ed economiche desiderabili non saranno più possibili e vi saranno disuguaglianze profonde e persistenti, una società sempre più militarizzata ed estesi conflitti... Il collasso verrà cogliendo tutti di sorpresa”. Mercalli stesso scrive: “Non so se sarà possibile cambiare l’economia della crescita e abbattere il capitalismo prima che si infranga contro i limiti del pianeta, ma l’unica cosa che posso fare per ora è cominciare da me.” Elenca poi una serie di cose che si possono fare (per esempio “riutilizzare il riutilizzabile”) e altre che non si devono fare. Difficile ripeterle tutte, bisognerebbe che fossero lette e commentate nelle scuole come tutti i suoi libri e quelli di Vandana Shiva perché spiegherebbero bene ciò che sta succedendo nel mondo e a cosa stiamo andando incontro mantenendo i nostri attuali stili di vita. I suoi piani come quelli della fisica ed economista indiana si potrebbero riassumere con due parole: sobrietà e semplicità. Le 8R proposte da Latouche su scala globale dovrebbero essere applicate da ciascuno di noi perchè come dice Reinhold Messner: “Quel che conta è fare ciò che è giusto.”

Bibliografia

Luca Mercalli, Alessandra Goria, Clima bene comune, Mondadori, Milano-Torino 2013
Luca Mercalli, Prepariamoci, Chiarelettere, Milano 2013
Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, Feltrinelli, Milano 2010
Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano 2014
Papa Francesco, Laudato si’, Ancora, Milano 2015
Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà, Rizzoli, Milano 2015